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I concierge, i portieri dei grandi alberghi di lusso: psicologi e confidenti, uomini dei miracoli. Un viaggio tra le loro storie, un assaggio delle curiosità raccontate nel libro Grand Hotel Italia, scritto da Nicolò De Rienzo, che raccoglie i segreti dei portieri dei grandi alberghi, dalla Dolce vita a oggi. Manie e capricci di divi o personaggi come Totò, Dustin Hoffman, Kim Novak, Naomi Cambell, George Clooney, Liz Taylor e tanti altri. add editore
- add editore è una casa editrice indipendente nata a Torino nel 2010, pubblica saggi divulgativi, pamphlet, biografie e tanto altro.
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Grand Hotel Italia Nicolò De Rienzo

    • Society & Culture

I concierge, i portieri dei grandi alberghi di lusso: psicologi e confidenti, uomini dei miracoli. Un viaggio tra le loro storie, un assaggio delle curiosità raccontate nel libro Grand Hotel Italia, scritto da Nicolò De Rienzo, che raccoglie i segreti dei portieri dei grandi alberghi, dalla Dolce vita a oggi. Manie e capricci di divi o personaggi come Totò, Dustin Hoffman, Kim Novak, Naomi Cambell, George Clooney, Liz Taylor e tanti altri. add editore
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    Il matrimonio Indiano all’Isola di San Clemente a Venezia

    Il matrimonio Indiano all’Isola di San Clemente a Venezia

    Sono Alessandro Heinrich, concierge del Bauer di Venezia, e ho vissuto un matrimonio da Mille e una notte …
    Tutto è iniziato al termine di un’incredibile opera di preparazione durata giorni. Una parte dell’isola di San Clemente è stata completamente transennata e trasformata in un vero e proprio cantiere. C’erano cinque gru e uno stuolo di operai, falegnami, personale di fatica. Tutto affinché lo show avesse inizio. Ed eccomi lì, in una splendida giornata di maggio, in darsena per verificare che tutto fosse a posto per l’arrivo di Mr. Agarwal e della sua figlia prediletta: Vinita. Mi aspettavo tanto bagaglio, ma così tanto proprio no! Quaranta valigie pesantissime, più decine di mazzi di fiori, ceste di snack e cibo indiani. Al loro seguito non ci sono guardie del corpo, ma uno stuolo di tuttofare che non smettono di inchinarsi. I giorni precedenti al matrimonio li trascorriamo in balìa di un manipolo di ragazze che ci danno regali, regalini, pacchi, pacchetti, pacchettini, fax, e-mail, casse di cibo da trasportare da una parte all’altra dell’isola. È un’invasione di hostess indiane molto carine, estremamente curate, impreziosite rigorosamente da gioielli di Bulgari. Girano stranissime bomboniere: sculturine fatte dal maestro vetraio Archimede Seguso. Il matrimonio è concepito in maniera internazionale. Creano addirittura, ex novo, una pizzeria con forno a legna e chiamano dieci pizzaioli napoletani. Richiedono piatti tipici come la caponata, gira per l’isola un venditore di gelati ambulante con bicicletta e annesso frigo e ombrellone. Il giorno dell’evento, la tensione è palpabile. Devono arrivare circa quattrocento invitati ed è una lotta contro il tempo. Alle 17 iniziano ad affluire nei taxi. Ci sono tre barche strapiene di paparazzi che scattano migliaia di foto a getto continuo, creando una situazione ai limiti del selvaggio. Splendide signore, una più bella dell’altra, atterrano sull’isola come aliene. Sono mogli di uomini di potere di tutte le nazioni come Mr. Mittal, il sesto uomo più ricco al mondo. Le vedo scendere dai taxi in vestiti indiani da sogno, sfoggiando gioielli da principessa. Dopo un aperitivo, arriva lo sposo accompagnato da una banda folkloristica belga, sale a cavallo e viene scortato fino all’altare in maniera estremamente coreografica. Attorno a lui centinaia di ospiti visibilmente alticci. Arrivato all’altare parte un’orchestra d’archi che accompagna il duo di cantanti indiani Salim Sulaiman. La sposa è bellissima, come la immagineresti in una favola: avvolta da un vestito rosso e oro.
    © add editore - Nicolò de Rienzo

    Angelo Rizzoli e il Savoia di Sanremo

    Angelo Rizzoli e il Savoia di Sanremo

    Sono Ivano Alovisi, concierge de Il Savoia di San Remo, e qualcuno una volta pagò la penale…
    Era l’epoca dei primi grandi imprenditori arrivati dal nulla. Tra i numero uno c’era Angelo Rizzoli, figlio di un ciabattino analfabeta e creatore di un impero diversificato, costruttore del Regina Isabella a Ischia. Veniva dal niente e si vedeva persino da come firmava, ma aveva un’intelligenza non comune che traspariva in tutto quello che faceva. Gli piaceva avere visibilità. Riceveva molti personaggi e produttori cinematografici in hotel. A Sanremo, per mettersi più in mostra aveva fatto un patto con il direttore di sala: «Se entro nella sala da pranzo dopo le dieci, pagherò una penale di 100.000 lire!» E c’era un vero e proprio conto alla rovescia sperando che non varcasse la soglia prima delle dieci. Passata l’ora, puntualmente arrivava e in maniera molto teatrale sventolava il foglio da 100.000 lire dicendo: «Eccomi, eccomi, pago la penale!» Tutti applaudivano e si intascavano il denaro. Lo faceva apposta.
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    Il Savoia di Sanremo

    Il Savoia di Sanremo

    Sono Ivano Alovisi, concierge de Il Savoia di San Remo, e che mance ragazzi!
    A pensarci mi vengono i brividi. Un giorno mi chiamarono dal Trentino perché ero finito su tutti i rotocalchi, immortalato con Ava Gardner mentre saliva la gradinata principale del mio hotel. Ero diventato una star! E solo per averle aperto una porta mentre arrivava con il manager. Era il primo anno a Sanremo ma il cambiamento nella mia vita era stato così repentino da alimentare, al termine di quella prima stagione, ogni genere di sospetto. Quando ai primi di ottobre ritornai a Rovereto, i miei, vedendomi arrivare con l’intero corredo rinnovato, si spaventarono. Sembravo un principe, avevo buttato via i vestiti vecchi e avevo una valigia, non grandissima, ma piena di soldi. Ai loro occhi ero quasi un gangster.
    Ancora giovanissimo, al Savoia di Sanremo facevo l’ascensorista. Il mio stipendio all’epoca era di 36.000 lire al mese. C’era un cliente italosvizzero che ogni sera usciva per andare a giocare al casinò alle nove e rientrava a mezzanotte. Quando arrivava, lo portavo al quarto piano. Gli auguravo la buona notte e quello, immancabilmente, estraeva un biglietto da 10.000. Un quarto di stipendio per un «buona notte» faceva un certo effetto!
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    Anna Wintour al Four Seasons di Milano

    Anna Wintour al Four Seasons di Milano

    Sono Mauro Delvai, concierge del Four Seasons di Milano, e negli anni ’80 non era facile accontentare i clienti…
    Basti pensare che dalla fine degli anni Ottanta era ospite fissa Anna Wintour, la direttrice di «Vogue America» che ha ispirato il personaggio de Il diavolo veste Prada. Con me non è mai stata così terribile, ma certo trattava (e tratta) i suoi collaboratori a pesci in faccia! Se è in camera, ad esempio, la sua segretaria da New York chiama in portineria e annuncia: «La signora Wintour vuole la macchina!» Non chiama mai lei, fa chiamare loro da New York! Con lei viaggiava il suo assistente André Leon Talley, un nero, enorme e simpaticissimo, adorato dai portieri. Arrivava con una valigia di roba da mandare in tintoria: «Perché le tintorie a Milano sono il top».
    Come «top» erano le modelle. Alcune erano un po’ matte, compresa una che, se definisco bizzosa, tutti capiranno chi è. Era una piantagrane. La mattina sembrava impossibile tirarla giù dal letto e c’erano gli autisti che impazzivano: bisognava chiamarla trenta volte. Una volta tornando in albergo di notte, un po’ su di giri, tirò una legnata sulla porta d’ingresso e si ruppe un dente. Il giorno dopo doveva sfilare per Versace, e riuscirono a farle mettere a posto il dente prima che il sole sorgesse. Voleva mezzo milione di dollari di danni e così venne messa nella black list.
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    Il Four Seasons di Milano

    Il Four Seasons di Milano

    Sono Mauro Delvai, concierge del Four Seasons di Milano, e faccio la differenza.
    Al Four Seasons, quando abbiamo aperto, c’erano 98 camere e un personale di 150 ragazzi. A Milano per gli standard dell’epoca ci davano tra i due e i tre mesi di vita! Ma il servizio è ciò che fa la differenza. Un articolo uscito su «WWD», il giornale di moda americano, diceva che finalmente a Milano avevano aperto un vero albergo, dove se torni dopo le dieci di sera, puoi avere gli stessi servizi: lavanderia, servizio ai piani... E un servizio di concierge all’altezza che, in luoghi come questo, è altamente apprezzato. Il dottor Gallia diceva: «I portieri hanno un negozio in casa mia e non pagano l’affitto!» Ma la differenza la facevamo noi. Tanto che i clienti, quando sono altrove, ci chiamano per le richieste più strane. Un anno spedii negli Stati Uniti a un americano che si sposava trenta chili di mini gelati che faceva Bindi, quando era una pasticceria di Milano. C’era una principessa che doveva sposarsi cui piacevano le Pastiglie Leone. Andammo a Torino a comprare settantamila euro di prodotto: quando si sposano fanno regali a tutto il popolo. Un’altra volta mi trovai a fronteggiare un problema di ortodossia religiosa. Un cliente ebreo americano mi chiamò il 14 agosto dalla Costa Smeralda: «Domani devo fare un party in spiaggia per dodici persone però qui in Sardegna non c’è carne kosher...» L’impresa era disperata: tutti sanno che Milano a Ferragosto è una città fantasma. Ma ebbi un culo tremendo perché trovai la signora della macelleria che riordinava il negozio. Svuotammo tutti i frigoriferi. Il giorno dopo il vicedirettore partiva per la Sardegna. Sigillammo un bidone di plastica pieno di ghiaccio secco e carne. Il cliente lo recuperò all’aeroporto e il giorno dopo fece il suo party!
    © add editore - Nicolò de Rienzo

    Il Danieli di Venezia e il concerto dei Red Hot Chili Peppers

    Il Danieli di Venezia e il concerto dei Red Hot Chili Peppers

    Sono Paolo Di Vacri, concierge dell’Hotel Danieli di Venezia, e ho ricordi indelebili…
    Una volta mi affidano il regista di fiducia dei Red Hot Chili Peppers. Prima che arrivi, mi chiedono una serie di servizi per lui e la sua famiglia. Io ho due figli che suonano, e sono matti per quella band. Avrei potuto chiedergli qualsiasi cosa, ma per me non esiste: non ho mai voluto fare nulla che non fosse inerente al lavoro. Dovevo seguirlo dall’arrivo alla partenza. Però lui aveva un solo giorno fuori programma che voleva farsi per conto suo. A trenta metri da casa mia c’è un’osteriaccia bellissima. Ero di riposo e stavo lì con un amico aspettando i miei figli. Arriva il regista e mi prega di fermarmi lì con lui. Nel frattempo arrivano i miei figli, che lo riconoscono. Cominciano a guardarsi: «Ma lo conosci papà?» Alla fine ci ha invitato a New York! Ma io non me la sentivo. Allora ci ha spedito tre pass per andare a vedere i Red Hot Chili Peppers a Milano, e per accedere al backstage. E così siamo andati e abbiamo passato del tempo con loro. Il piccolo – i miei figli hanno venti e ventidue anni – è fissato con il bassista, perché suona lo stesso strumento. Al concerto, ad Assago, alla terza canzone il bassista prende il microfono per salutare il pubblico e dice: «Voglio dedicare questa canzone al mio amico Gianluca». Per anni mio figlio ha cercato la registrazione del concerto su Internet e alla fine l’ha trovata. A ripensarci ho ancora la pelle d’oca.
    © add editore - Nicolò de Rienzo

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