La scuola è (sempre più) di destra - con Christian Raimo
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Ci sono argomenti che per i giornalisti sono difficilissimi da trattare. Uno di questi è la scuola. Per dare un’idea di quanto sia superficiale la copertura mediatica, basta ricordare che ogni anno viene presentata come una notizia il fatto che al liceo scientifico la seconda prova di maturità sia di matematica.E’ sempre così, ma i giornalisti sembrano dimenticarlo, ogni volta. E poi c’è l’abitudine di affidare a persone che con la scuola non hanno nulla a che fare il commento su episodi che sollevano indignazione o commozione: c’è sempre una scrittrice che può parlare di bullismo, un ministro che parla dell’importanza di un certo autore, il giornalista baby boomer con figli ormai laureati che parla delle classi pollaio (mentre ai suoi tempi era tutta un’altra cosa…). Per questo ho deciso di dedicare una puntata del podcast alla scuola e di parlarne con Christian Raimo.Christian è molte cose, un giornalista, uno scrittore, un attivista, ma proprio perché tutte queste cose è anche un insegnante, che a scuola insegna davvero. Ma che poi la scuola la pensa, sia nella sua dimensione pedagogica (cosa viene insegnato esattamente agli studenti? e a che scopo?) che nella sua rilevanza politica (chi decide l’evoluzione della scuola, decide il futuro del paese). La chiacchierata è lunga, l’audio non è perfetto perché Christian Raimo - che è multitasking e iperattivo - stava in un bar dove aveva degli appuntamenti. Ma credo valga la pena ascoltarla comunque, perché mai come in questo momento la scuola sembra al contempo un terreno di scontro politico e un oggetto indecifrabile.Nel biennio della pandemia sembrava questione cruciale chiudere o aprire le scuole, da una parte e dall’altra c’era sempre qualcuno che intimava qualcosa: bisogna chiudere per fermare il contagio, portato da ragazzi non vaccinati, oppure bisogna riaprire subito perché vale la pena tollerare qualche contagio in più pur di evitare di compromettere lo sviluppo e la formazione di intere generazioni. Avevano tutti ragione, ovviamente, per questo la discussione era così lacerante.Poi, passata la pandemia, si è perso subito ogni interesse per le modalità dell’insegnamento - la didattica (anche) a distanza era soltanto un effetto collaterale del virus o un’evoluzione necessaria? - ed è ricominciato il tradizionale scontro politico su cosa insegnare. I valori della “nazione” si trasmettono fin dall’infanzia, come noto.E poi si verificano all’esame di maturità, con tracce appositamente scelte (dal ministro in persona, ho imparato da Christian Raimo) che servono a segnalare il cambio di clima culturale e politico.Mentre i giornali si riempiono di polemiche sulle uscite del ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, il racconto della vita quotidiana tra i banchi scivola sullo sfondo, così come il pensiero critico sulla più pubblica delle istituzioni, dove il privato - anche questo lo osserva Raimo nel podcast - è ancora marginale e sullo sfondo.Raimo non è certo un ottimista, ma credo che affrontare le questioni che solleva in questa ora di discussione renda ogni dibattito sulla scuola molto più vivo e utile che l’eterna riproposizione degli stessi slogan.Fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti. E, se lavorate nella scuola, raccontatemi la vostra storia, scrivete a [email protected]
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