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Il 22 febbraio del 1980, a Lake Placid, va in scena una partita dal finale apparentemente già scritto. Gli Stati Uniti sono arrivati all’ultimo atto del torneo olimpico di hockey su ghiaccio, ma la corsa all’oro pare sbarrata. Dall’altra parte c’è la corazzata dell’Unione Sovietica, che l’allenatore statunitense, Herb Brooks, deve affrontare con un gruppo di dilettanti e giocatori universitari. Dave Anderson, sulle pagine del New York Times, non lascia scampo a Team Usa: «A meno che il ghiaccio non si sciolga, o a meno che la squadra americana non compia un miracolo, i russi vinceranno l’oro per la sesta volta nelle ultime sette Olimpiadi». La partita scivola via equilibrata, ma quando i sovietici trovano il 3-2 con Malcev sembra finita. Arrivano invece le firme di Mark Johnson e Mike Eruzione: Stati Uniti 4, Unione Sovietica 3. Restano dieci minuti da giocare e il fortino statunitense, non si sa come, regge. Si entra negli undici secondi finali e Al Michael, telecronista della ABC, consegna ai posteri del racconto sportivo una frase leggendaria: «Do you believe in miracles? Yes!». È questa la frase dalla quale dobbiamo partire.
La storia di ALLEN IVERSON ||| L'ICONA che ha cambiato l'NBA raccontata da Gianluca Fraula.
Published 10/03/23
Se vi dicessi che alla metà degli anni Ottanta è esistito un prospetto NCAA in grado di mettere in dubbio l’egemonia di Michael Jordan, ci credereste? Un esterno che giocava come MJ, con quella stessa tenacia, ma più alto e con la possibilità di incidere dall’arco più di MJ? Con un jumper...
Published 02/16/23