Un evento meteorologico estremo si è abbattuto sull’Italia nord-orientale nell’ottobre 2018. Lo scirocco ha soffiato fino a 200 chilometri orari nelle valli dolomitiche, schiantando al suolo circa 14 milioni di alberi. La pioggia incessante ha fatto esondare i torrenti, trascinando a valle tronchi e detriti. Nel volgere di una notte, gli abitanti di alcune comunità montane di Trentino, Veneto e Friuli-Venezia Giulia si sono trovati con le cantine allagate e le case scoperchiate dal vento.
A oltre cinque anni di distanza, le conseguenze della tempesta Vaia sono ancora visibili e tangibili. I versanti di alcune montagne sono brulli. I boschi che restano sono invasi dal Bostrico tipografo, un coleottero parassita che si ciba di legno. Senza le piante, è venuta a mancare una protezione contro le frane e le valanghe. Mentre esperti e gente del luogo si rimboccano le maniche per riportare la situazione alla normalità, il danno economico complessivo è stato stimato in tre miliardi di euro.
Ne parliamo con l’autore in questa nuova puntata del podcast!
L’intervista
Matteo de Mayda (1984, Treviso, Italia) vive a Venezia. La sua ricerca visiva è focalizzata su cause sociali e ambientali.
Ha esposto il suo lavoro presso la Biennale di Venezia, MUFOCO, la Triennale di Milano, Camera Torino e il Design Museum di Londra.
Nel 2019 ha pubblicato Era Mare, un libro sul fenomeno dell’acqua alta a Venezia. Nel 2020 è stato selezionato da Artribune come miglior giovane fotografo italiano dell’anno. Nel 2021 è stato uno dei FUTURES talent selezionati da CAMERA (Centro Italiano per la Fotografia) e ha vinto l’Italian Sustainability Photo Award (ISPA) con There’s no calm after the storm. Nel 2022 ha vinto il British Journal of Photography International Award.
Le sue immagini sono state pubblicate su quotidiani e riviste italiane e internazionali, tra cui The New York Times, The Financial Times Magazine, Internazionale, Zeit e Vogue.
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