"La strangera" di Marta Aidala e "Un grido di luce" di Abi Darè
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"Le montagne sono donne immense, eppure tante portano nomi di uomini. Forse fu per questo che scelsi di fermarmi lì, nella valle della Becca".  E' una frase tratta dal romanzo "La strangera", opera prima di Marta Aidala (Guanda). La protagonista è una giovane donna, Beatrice, che decide di lasciare l'università e Torino per trasferirsi in montagna e lavorare per un periodo in un rifugio. Un posto isolato gestito da un uomo burbero, ruvido e scontroso detto "Il Barba". Beatrice è l'unica donna a lavorare nel rifugio e viene dalla città e per questo è soprannominata "la strangera", la straniera. Ha scelto un lavoro duro e la montagna probabilmente perché è alla ricerca di sè stessa e del suo posto nel mondo.  Nella seconda parte parliamo di "Un grido di luce" (Nord - trduz. Elisa Banfi) di Abi Darè, scrittrice cresciuta in Nigeria e che vive in Inghilterra da più di vent'anni. Nel romanzo precednte "La ladra di parole", Abi Darè raccontava la storia di una ragazzina di un villaggio nigeriano, Adunni, che avrebbe voluto studiare, ma era stata invece costretta a sposare un uomo più vecchio e poi a diventare la serva di una donna dispotica. Nel nuovo romanzo la storia della ragazzina si intreccia a quella di una donna, Tia, tornata in Nigeria dopo aver passato alcuni anni in Inghilterra. Tia è una professionista affermata, ma è divisa fra modernità e tradizione. Decide di aiutare Adunni che vuole studiare e nello stesso tempo cerca di fare chiarezza con la madre morente su un segreto del passato. 
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