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Ieri, il primo ministro libanese Najib Mikati aveva lasciato intendere che un cessate il fuoco in Libano potesse arrivare "nel giro di poche ore", alimentando speranze di una pausa nella crisi. Tuttavia, dopo meno di due ore, ha corretto la sua affermazione a "pochi giorni", rivelando la mancanza di una prospettiva concreta. La proposta statunitense del 26 ottobre prevedeva il ritiro delle truppe israeliane e l'installazione dell'esercito libanese, ma includeva anche la libertà di Israele di attaccare Hezbollah, in contraddizione con la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite.
Questa mattina, Netanyahu ha dichiarato che un cessate il fuoco sarebbe prematuro, mentre Hezbollah ha espresso dubbi sulle reali intenzioni israeliane, insistendo per mantenere le proprie armi. Entrambe le parti sembrano attendere le elezioni statunitensi prima di intraprendere azioni decisionali.
Nel frattempo, gli attacchi israeliani sono intensificati, colpendo la periferia sud di Beirut e Nabatieh, causando numerose vittime e danni significativi. Gli attacchi sono stati giustificati come risposta a lanci di razzi da parte di Hezbollah, con Israele che ha bombardato Baalbek senza ordini di evacuazione. Nonostante gli sforzi israeliani per avanzare verso Khiam, la resistenza di Hezbollah ha finora ostacolato l'operazione. Mikati ha sottolineato che l'escalation degli attacchi israeliani dimostra il rifiuto di cercare una soluzione pacifica. In sintesi, il clima attuale non offre segnali di ottimismo per una risoluzione della crisi.
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