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Maurizio Pierri si poteva definire un uomo di successo: titolare di un’azienda che gestiva bilanci e buste paga d’importanti società, a capo di giri d’affari miliardari e di conseguenza anche detentore un ricchissimo conto in banca. L’11 febbraio 1997, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, si accingeva dopo il lavoro a tornare a casa dove lo aspettava la sua famiglia per i festeggiamenti. Un festa che però non si sarebbe mai tenuta.
Quella sera infatti un passante ritrovò il cadavere dell’uomo ucciso con tre colpi di pistola nella sua auto mentre stava chiamando la moglie per avvisarla del suo rientro a casa. Una mano ancora sul volante e il piede sul freno. I proiettili furono sparati dal lato passeggero e la dinamica sembrò subito avere l’aspetto di un’esecuzione in piena regola.
L’ipotesi di una rapina finita male venne dunque immediatamente abbandonata: dall’auto della vittima non mancava nulla, il computer del manager non era stato rubato, come neanche il suo portafogli.
La pista più credibile fu dunque quella legata al suo giro d’affari: il nome di Maurizio Pierri compariva infatti in un crack di 120 miliardi ai danni di tantissimi risparmiatori.
Il caso rimarrà comunque irrisolto e né il mandante dell’omicidio, né il nome del killer verranno mai alla luce. Ad infittire ancor di più l’aura di mistero sarà il luogo del delitto: via Gattamelata si trovava a meno di un kilometro dall’ufficio dell’imprenditore. Una strada stretta, buia, senza negozi e per nulla di passaggio. Si insinua quindi il sospetto che Pierri ci sia arrivato dopo aver preso appuntamento con il suo killer che scelse un luogo nascosto e lontano da occhi indiscreti per compiere il delitto.
Si chiamava Vincenzo Raiola il poliziotto che morì in quel maggio del 1999. Il decesso avvenne a causa di una ferita alla testa, riportata durante un conflitto a fuoco con un gruppo di rapinatori in via Imbonati.
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