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Erano le 11 di mattina del 28 maggio 1980 e Walter Tobagi, giornalista inviato sul fronte del terrorismo e cronista politico e sindacale del Corriere della Sera, si apprestava come sempre a uscire da casa per andare nel vicino garage in via Salaino a prendere l’auto. Quel giorno, ad attenderlo lungo il marciapiede, vi era un commando di terroristi che lo colpì con cinque colpi di pistola di cui l’ultimo, il colpo di grazia, sparato quando l’uomo era già a terra morente.
Ci vollero pochi mesi per identificare i killer, appartenenti alla Brigata “28 marzo”: un gruppo terrorista di estrema sinistra costituitosi a seguito dell’uccisione di quattro brigatisti rossi a Genova il 28 marzo dello stesso anno.
Il commando aveva individuato Tobagi quale possibile obiettivo già da tempo: il giornalista seguiva infatti da molto le vicende del terrorismo rosso per il Corriere della Sera e, in uno dei suoi ultimi articoli a riguardo, scriveva “Non sono samurai invincibili” sfidando così la neonata formazione estremista che non gli lasciò scampo.
Uno dei killer di Tobagi, Marco Barbone, subito dopo l’arresto, decise di collaborare con la giustizia. Le sue dichiarazioni sono alla base di numerose incriminazioni che confluiscono, insieme all'omicidio del giornalista, nel cosiddetto processo "Rosso-Tobagi", uno dei primi maxi-processi per terrorismo, con oltre 150 imputati.
Si chiamava Vincenzo Raiola il poliziotto che morì in quel maggio del 1999. Il decesso avvenne a causa di una ferita alla testa, riportata durante un conflitto a fuoco con un gruppo di rapinatori in via Imbonati.
Alle 5 del mattino del 14 maggio una banda di criminali, armata di fucili d’assalto...
Published 06/28/21
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Published 06/23/21