Gli Inquietanti Moventi Dei Delitti Di Via Mancinelli
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Sono le 20 di un sabato del marzo 1978. Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, per tutti “Iaio”, escono dal centro sociale Leoncavallo, di cui erano abituali frequentatori, per avviarsi a casa del primo. E’ all’altezza di via Mancinelli che vengono avvicinati da tre persone da cui erano seguiti da un po’. Uno di loro impugna una pistola tenuta in un sacchetto, così da non lasciare tracce degli otto proiettili che scaricherà sul corpo dei due giovani amici. Iaio viene colpito alla gola, Fausto è colpito su più parti del corpo anche dopo essere caduto a terra. Per i due giovani militanti di sinistra non c’è scampo e a rendere ancor più oscuri quei delitti sono le piste d’indagine a cui gli inquirenti arrivano per capire il movente. Fausto e Iaio da alcuni mesi, e insieme ad altri, stavano lavorando alla redazione di un dossier d’inchiesta sullo spaccio di eroina nel quartiere, con tanto di nomi e cognomi. Proprio i nastri sui quali registravano le loro interviste erano spariti durante i funerali dei ragazzi. La casa nella quale tenevano quei documenti in quel momento era ancora sotto sequestro e non fu riportato nessun segno d’infrazione sulle porte. Mistero infittito dalle rivendicazioni degli omicidi che arrivarono da parte di varie organizzazioni riconducibili all’estrema destra. I sospetti si concentravano però su tre estremisti in particolare: Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, i primi due appartenenti alla Banda della Magliana. Il gruppo di Carminati, in effetti, risultava aver frequentato Milano e la fisionomia dell’uomo sembrava corrispondere alla descrizione riportata da alcuni testimoni di uno dei killer. L’omicidio di Fausto e Iaio era dunque una vendetta politica da parte dei NAR o aveva l’obiettivo di fermare le loro indagini sul traffico di eroina? Ogni pista seguita si rivelò purtroppo infruttuosa, poiché non vi furono sufficienti elementi indiziari a sostegno. La morte dei due giovani appare così destinata a rimanere senza colpevoli.
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