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Con un colpo di pistola sparato alla nuca moriva Roberto Franceschi, ventenne laureando alla facoltà di Economia presso l’Università Bocconi.
Un delitto che ancora oggi rimane senza giustizia perché rimasto di fatto senza colpevoli, ma per il quale si è accertata la responsabilità della polizia. Così il Ministero dell’Interno fu condannato a risarcire la famiglia della vittima.
A fare da sfondo al tragico avvenimento ci sono proprio le aule di quell’Università frequentata da Roberto, studente modello e giovane attivista politico. La sera del 23 gennaio 1973, infatti, Franceschi partecipava a una delle assemblee organizzate da studenti e lavoratori nell’ateneo di via Serfatti. Quel giorno però l’allora Rettore della Bocconi ordinò che solo gli studenti iscritti avrebbero potuto prendere parte alla riunione mostrando il proprio libretto universitario e, per far rispettare la limitazione, provvide a schierare il terzo reparto della Celere.
Non tardarono a scoppiare scontri tra studenti, lavoratori e polizia. Proprio quest’ultima sparò due colpi ad altezza d’uomo, colpendo Roberto Franceschi al capo e l'operaio Roberto Piacentini alla schiena.
Dopo 7 giorni di agonia Roberto si spense in ospedale. I nomi e cognomi dei suoi assassini non furono mai individuati.
Si chiamava Vincenzo Raiola il poliziotto che morì in quel maggio del 1999. Il decesso avvenne a causa di una ferita alla testa, riportata durante un conflitto a fuoco con un gruppo di rapinatori in via Imbonati.
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