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Che brutta, Piazza Nicosia... Ma era bella, almeno quando ci visse Mozart, dall’11 aprile all’8 maggio e dal 26 giugno al 10 luglio del 1770. Insieme al padre Leopold prese in affitto una stanza luminosa, al secondo piano, con uso clavicembalo. La padrona di casa li trattava con ogni riguardo, dividendo con loro pranzi, cene e il resto dell’appartamento. Il tempo di appoggiare i bauli e Wolfgang andò subito a: - ascoltare il Miserere di Gregorio Allegri alla Cappella Sistina. - riscrivere a...
Published 03/10/20
Una pietra parlante, una piazzetta, stesso nome: Carlo Goldoni, che al numero 47 di largo Goldoni appunto, si fermò dal 1758 al 1759. L’aveva chiamato in città il conte-manager del Teatro Tordinona, per dirigere i suoi attori. Per Goldoni era la prima volta a Roma, era contento. Con la moglie Nicoletta prese in affitto da un abate molto civile e cortese quattro camere e otto finestre e: - litigò con gli attori del Teatro Tordinona che non capivano le novità delle sue commedie. - scappò alla...
Published 03/10/20
Certe pietre parlano dentro, dentro una chiesa, Sant’Andrea delle Fratte, fine Via della Mercede. Sulla parete a sinistra della porta laterale un’epigrafe piange Angelica Kauffman, pittrice. Qui c’è la sua tomba, la vita fu altrove, Svizzera, Londra, l’Italia. A farla viaggiare il talento, lei si fermò a Roma. Dove altro cercare le sue eroine dolenti, le sue storie antiche? La seguiva il marito, un pittore modesto, ma devoto e suo manager. Angelica infatti: - venne subito richiesta da clienti...
Published 03/10/20
Ogni tanto bisogna entrare nella storia dalla porta di servizio. Tipo questa di Via Gregoriana 30, un mascherone che pare ingoiarsi la strada, e allora capisci perché il palazzo del pittore Federico Zuccari lo chiamavano “Casa dei Mostri”. Capriccio poetico tra l’orrido e lo stravagante, ché il buon Federico voleva stupire. Schiattassero d’invidia i potenti che l’avevano umiliato, i colleghi che l’avevano calunniato. Li avrebbe guardati dall’alto di Trinità dei Monti, dal grande lotto di...
Published 03/10/20
Via dei Redentoristi dicono sia la strada più corta della città. Al numero 9 fermatevi e guardate in alto. Anche Aldo Palazzeschi si fermò qui, al quinto piano, interno 7, per fare quello che di solito si fa in una casa: viverci. E ci visse, più di trent’anni. Era il 1941, era un orfano attempato e solo voleva rimanere. Troppi gli sguardi addosso nella sua Firenze, e tra Parigi e Venezia scelse Roma, perché tutti se ne infischiano di te e di quel che ti riguarda. -Sul terrazzo coltivava...
Published 03/10/20
Dietro il Foro di Traiano, in piazza della Madonna di Loreto, tra le impalcature di oggi una targa di ieri dice che qui abitava Michelangelo. La casa non c’è più, come il nome della zona, Macel de’ Corvi, che puzzava di piscio e carcasse di animali. Gliela avevano data gli eredi di Giulio II, perché finisse le troppe statue del monumento funebre del papa. Michelangelo non le finì mai, ma senza quella casa non ci sarebbero stati: - il Giudizio Universale - gli affreschi della Cappella Paolina...
Published 03/09/20
Poi ci sono quelli che una pietra parlante non basta. Ci hanno messo la faccia e l’alloro, i russi di Roma, nella targa dedicata al loro Nikolaj Gogol’, per ricordare che lo scrittore visse in Via Sistina 125. Il posto dove visse meglio, perché qui riusciva a: - sentirsi “Niccolò Coccoli, possidente”, come scritto nel registro della parrocchia di Trinità dei Monti, e non un funzionario di ottava classe come in Russia. -vricevere gli amici, cucinando maccheroni al dente, innaffiati di gogol –...
Published 03/09/20
Le pietre non parlano sempre. La targa di Via Babuino 89, non dice, ad esempio, che nella casa dell’architetto Giuseppe Valadier visse anche Carolyne zu Sayn-Wittgenstein, una principessa polacca. Povera donna, aveva tutto, cultura, bellezza, spirito, soldi, marito, una figlia. Poi incontrò Franz Liszt, il Venerato Maestro, che le fece perdere la testa, come aveva fatto con altre mille e tre. Lei ci credeva, lui credeva e dovevano sposarsi in Chiesa. Così nel 1859 Carolyne venne a Roma dove,...
Published 03/09/20
Ci sono strade che portano a una Roma silenziosa, a due passi dal caos. Come Via Frattina, una traversa di Piazza di Spagna. Qui si fermò James Joyce, con moglie e figlio, al secondo piano del numero 52, in una stanza senza cucina, per 40 lire al mese. Era venuto per lavorare, così, dal primo agosto del 1906, iniziò a: - fare l’impiegato in banca, nove ore al giorno, sei giorni su sette, odiando tutto dal minuto due. - la domenica visitare il Pincio, che gli sembrò solo un bel giardino, San...
Published 03/09/20
C’è la Roma delle rovine e delle chiese. Ma c’è anche la Roma della burocrazia e del tempo perso, oggi come nel 1513, quando tra marzo e aprile Ludovico Ariosto si fermò all’allora Locanda del Montone, di fianco al Pantheon. Non era il primo viaggio del poeta a Roma, ma forse sperava fosse l’ultimo. Una lotta arrivarci vivo da Ferrara, tra consolari morte, briganti nascosti, locande da incubo. E, tolti gli amici colti e le anticaglie, il resto erano noie, ambascerie, anticamere, prosa di vita...
Published 03/09/20
C’è una favola che non vi avrebbe mai raccontato nessuno se Hans Christian Andersen non fosse vissuto in questo palazzo di Via Sistina 104, a cavallo del 1834. Aveva un talento mostruoso, mancava la forma, serviva l’Italia, Firenze poi Roma. Scelse una casa che gli assomigliava, sottile e alta, dove la fantasia poteva volare. Intanto passeggiava, in tasca un taccuino e una matita, la musa, hai visto mai. - L’inizio fu zoppo, la pagina bianca incombeva, schiacciata da una bellezza così grande...
Published 03/09/20
L’utopia, diceva quello, serve a non smettere mai di camminare. Eppure, vagando per il quartiere Flaminio, fermatevi in Via Pasquale Stanislao Mancini 22, al Museo Hendrik Christian Andersen. Una casa, un posto felice, l’altra faccia dell’utopia. Sogni ne aveva sempre fatti, fin da quando era un ragazzo povero di Bergen, che però si immaginava tra marmi e sculture. Vinse una borsa di studio ma non bastava per campare d’arte a Roma. Poi, la fortuna girò. Sua cognata, Olivia Cushing, vedova e...
Published 03/09/20
Non solo vetrine, in via Condotti. Al numero 81 c’è una targa, a ricordare che Giacomo Leopardi abitò qui, dal 6 novembre 1831 al 17 marzo 1832, al terzo piano, con l’amico Antonio Ranieri. Ranieri inseguiva un’attrice del Teatro Valle, Leopardi una salute migliore. Ma sperava di restarci poco, Roma gli faceva proprio schifo. Glielo aveva già fatto nove anni prima, quando c’era venuto col suo bauletto di illusioni. Ma Roma era troppo grande per contenerle tutte, per non parlare delle donne...
Published 03/09/20
Se siete in Piazza Barberini, fermatevi al numero 2. Nel 1848 si fermò qui anche Margaret Fuller, la prima giornalista professionista americana. Per il New York Daily Tribune scriveva di una città in tumulto, come lei, che a San Pietro conobbe un marchese squattrinato, più giovane e ignorante, Giovanni Angelo Ossoli. Non poteva nascere niente e infatti nacque Angelino, mentre Roma nasceva Repubblica. Il bambino fu mandato a balia a Rieti, Giovanni sistemò Margaret dietro questa targa, al...
Published 03/09/20
In Piazza di Spagna 66, non troverete scritto che in una stanza al secondo piano si fermò 22 giorni Lord George Gordon Byron. Peccato. Una vita in vacanza, dieci anni in Grand Tour, gli mancava Roma. Arrivò il 29 aprile 1817. Sarebbe venuto anche prima, ma troppi gli inglesi per strada, un branco di stupidi allucinati che cercano di apparire sontuosi spendendo il meno possibile. Sarebbe rimasto anche dopo, ma senza l’amante di turno, Marianna, sto male. - Cavalcava sempre, facendosi...
Published 03/09/20
Non c’è una una pietra parlante, un sassolino, a segnalare che in Piazza del Popolo, il 30 gennaio 1845 arrivarono Charles Dickens e famiglia: la moglie amata di noia, la cognata adorata, i sei figli sei, un paio di governanti acide e un factotum schizzato. Scesero al fu Albergo Meloni e Dickens pensò: “Non è vero”. - Non era la Roma sognata, di cumuli, pietre e rovine, ma una città come altre, di strade fangose e casino, di gente a passeggio e ambulanti. Il cielo era grigio, pioveva, what...
Published 03/09/20
Dietro Montecitorio c’è una strada muta, Via dei Prefetti. Al numero 17, il 20 febbraio del 1830 Samuel Finley Morse, venne a viverci per fare una cosa che se la sarebbero ricordata in pochi, il pittore. - andava ai Musei Vaticani a copiare, per un collezionista americano, la Scuola di Atene, notando che era un’opera difficile e che gli sarebbero servite almeno sei settimane. - si perdeva, lungo il tragitto, tra i tanti negozietti di antiquariato di cui abbondava questa wonderful city. -...
Published 03/09/20